TANTO PE’ CANTÀ di Nino Manfredi
★ Canzoni Romane ★
Tanto pe’ cantà è un brano in romanesco che fu scritto nel 1932, e che è diventato popolarissimo grazie alle varie interpretazioni di numerosi artisti di un certo calibro, come appunto Nino Manfredi che la interpretò al Festival di Sanremo del 1970. Tra i più rilevanti ricordiamo Claudio Villa, Gigliola Cinguetti, Claudio Baglioni, Gigi Proietti, Renzo Arbore e Lando Fiorini, un’icona nelle canzoni popolari in romanesco.
La canzone, che propriamente non è una canzone bensì una specie di atto teatrale a sé stante, vede la sua rappresentazione ufficiale proprio nella cover di Nino Manfredi, che non si è limitato a cantarla, quanto piuttosto a recitarla. Stesso discorso per il primo interprete, Ettore Petrolini, che tra l’altro fu il compositore delle musiche, mentre il testo fu scritto da Alberto Simeoni. Petrolini scomparve pochissimi anni dopo la composizione del brano, ed è forse per tale ragione che non se ne ricorda la paternità interpretativa.
Il testo è parecchio leggero, addirittura scanzonato, sebbene riconduca a tratti vagamente drammatici, come la delusione del primo amore e certi problemi di salute, ma che comunque non impediscono di conservare allegria ed ottimismo, quella sottile ironia che talvolta può diventare balsamica. Insomma, affrontare i problemi con il sorriso è sempre la via migliore.
Il brano, tuttavia, appare completamente leggero, disimpegnato, palesemente fondato sulle speranze, sulla voglia di divertirsi, di girare il mondo, sulla bellezza della gioventù e la relativa spensieratezza, con un velato monito nei confronti di chi prende la vita troppo sul serio. Pare inoltre che Petrolini, nella sua interpretazione, si atteggiasse a parodiante nei confronti dei cantanti dell’epoca che si mostravano eccessivamente seriosi e rigidi.
Nino Manfredi ha perfettamente ricalcato l’intenzione, con la sua innocua ironia ma pungente, col suo modo di fare sottile ma significativo, laddove ha espresso tutto il senso della canzone stessa, nonché i velati messaggi insiti in essa. Del resto Manfredi era un mostro sacro, uno dei più grandi artisti del Cinema di casa nostra, paragonabile soltanto ad Alberto Sordi e Vittorio Gassman.
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